Per quasi dieci anni questo sito non è stato più aggiornato (se non per qualche inserto nella hp), per diversi e validi motivi che non è il caso di spiegare perché annoierebbero il visitatore. È stato tuttavia lasciato onerosamente attivo perché c’erano sempre persone interessate che lo venivano giornalmente a visitare, probabilmente indotti anche dai motori di ricerca, in particolare le sezioni che riguardavano Meda e San Piero Patti, i luoghi in cui ho ripartito finora la mia esistenza, al momento per una durata che pressapoco si equivale. Ora che il sito riprende nuova vita, non senza un qualche operazione di restyling, le parole che devo usare in apertura sono purtroppo, e con ben maggiore preoccupazione, le stesse di dieci anni fa.
Dieci anni fa il sito si apriva con la stessa foto, con la domanda “È questo che ci aspetta dietro l’angolo?” e con queste parole. “La foto mi è cara [mi è stata regalata dall’amico e compianto Pietro De Luca, scattata da suo padre, anch’egli fotografo, come lui]: 1921, raffigura un gruppo di socialisti di San Piero Patti in caserma dopo uno dei frequenti arresti, e dopo agguato, con bastonatura, ad opera dei fascisti che di lì a poco avrebbero dato l’assalto anche allo Stato. Da vittime a colpevoli. Fra di loro c’è il fratello di mia nonna, che negli anni trenta sarebbe stato mandato al confino politico, come molti italiani che non si erano voluti addomesticare alla dittatura. Se ci abituiamo all’indifferenza del male quotidiano non mancheranno di scattare di nuovo foto come questa. Come del resto accade ogni giorno in molte parti del mondo. Si tratta di una domanda tutt’altro che peregrina che questa foto rende meglio di tante pagine scritte. Al punto in cui stavamo arrivando le finestre sul cortile, i commenti, le “pillole”, e quant’altro era stato avviato diversi anni fa su questo sito con l’intenzione di offrire spunti di riflessione non servivano più. In un paese che sta scivolando sempre più in fretta lungo il pericoloso crinale del razzismo e della xenofobia, dell’autoritarismo, della negazione dei diritti e dell’esclusione sociale, in poche parole di un sempre più basso livello di civiltà, le parole di questo sito avrebbero potuto solo aggiungersi a quelle dei tanti che non ci stanno a una Italia sempre più indecorosa come comunità e come nazione fra le nazioni. Stiamo raccogliendo quello che da venti-trent’anni è stato seminato, e non è difficile prevedere che continuando su questa strada avremmo lasciato alle più giovani generazioni un futuro di macerie.”
Più per scaramantica speranza che per oggettiva convinzione avvertivo “Qualche refolo leggero ...” spirare in altra direzione. Ma la miseria materiale che ci aspettava – per rispetto degli altri continuiamo però a chiamarla “minore ricchezza” – ha probabilmente peggiorato le cose.
Le mie parole suonano purtroppo alle orecchie di adesso, terribilmente, come triste presagio. Ma non avrei potuto immaginare neanche io che dieci anni dopo mi sarei trovato di fronte all’indecoroso spettacolo che le istituzioni più importanti danno ogni giorno di loro stesse, strumenti oramai mostruosi per l’essere finite in mani indegne, piegati a cialtronesche visioni delle cose e del mondo e ai più beceri interessi personali. Non avrei pensato neanche io di trovarmi di fronte all’accelerato tramonto del Paese e del suo orizzonte democratico, ostaggio dell’interpretazione spudorata e spregiudicata dei tempi e degli strumenti moderni da parte di chi ha come solo interesse il potere personale e nessuna attenzione pone agli altri e al loro futuro. Sudditi utili e non più cittadini, ma del resto, senza dover citare Goethe, l’ignoranza attiva conduce a cose funeste. Dato però che ognuno può fare qualcosa per arrestare la corsa lungo il piano inclinato dell’inciviltà, giuridica e umana, dobbiamo per forza provare ancora una volta a fare come i quattro sampietrini della foto, forse derisi e vinti in quel momento, ma alla lunga vincitori sullo spirito del fascismo. Tornato oggi, con colori diversi e comportamenti ignobili, a funestare, peraltro con la stessa complicità degli entusiasti e dei distratti, le stesse contrade.